a cura di Marta De Marchi
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Terra

a cura di Marta De Marchi

Il paesaggio della Laguna di Venezia è un intricato mosaico di terre asciutte e umide, di acque dolci e salmastre, che hanno sostenuto la vita e la prosperità del territorio per secoli. Questo equilibrio ecologico ha reso la città quasi completamente autosufficiente dal punto di vista alimentare nel corso della sua storia millenaria (Bevilacqua, 1998; Calabi e Galeazzo, 2015).

Immaginiamo di percorrere una sezione ideale che attraversi la Laguna, dalla terraferma al mare, esplorando le diverse consistenze di suolo, gradienti di umidità e salinità. Questo viaggio ci offre l’opportunità di osservare le variazioni e le metamorfosi tra acqua e terra che costituiscono le fondamenta delle ecologie lagunari, essenziali per la caratterizzazione dei prodotti alimentari locali. Questa sezione territoriale, paragonabile alla sezione di valle di Patrick Geddes1 (1915), ci mostra le microtopografie della laguna, la variazione della granulometria dei limi e delle sabbie, e gli strumenti delle produzioni alimentari di terra e acqua.

Dal punto di vista geologico, la laguna di Venezia è un’entità unica, mantenuta nel corso dei secoli nonostante le forze contrapposte della terra e dell’acqua. Le logiche di terra e acqua (Bertoncin, 2004), che si evolvono da secoli, avanzano e arretrano in base alle ambizioni e alle convenienze storiche. Queste logiche, antiche, contemporanee e future, riflettono la costante lotta per la conquista del mare e della terra.
La sezione territoriale attraversa una miriade di condizioni, tra insediamenti, aree industriali, infrastrutture, terreni agricoli, aree di bonifica, canali, idrovore, barene, valli da pesca, allevamenti di mitili, mercati, campi, orti, frutteti e dune.

L’entroterra veneto, al di là della gronda lagunare, è caratterizzato da un sistema di canali e idrovore che consentono di mantenere asciutti e coltivabili i suoli argillosi retrostanti (Armani et al., 1991). Presenta coltivazioni seminative dominate dal mais, un cereale che ha sostenuto la dieta veneta per secoli, essenziale per la produzione di polenta, tra cui si distingue quella ottenuta dal pregiato mais biancoperla. Superata la conterminazione lagunare, l’ambiente diventa più umido e incerto, introducendo le valli da pesca, un modello produttivo antico e complesso che, con le sue evoluzioni tecnologiche (Bullo, 1940; Chouairi, 2020), offrono specchi d’acqua regolamentati che ospitano specie ittiche capaci di tollerare variazioni di salinità. Queste valli contribuiscono anche alle attività venatorie e rappresentano un elemento chiave nella tradizione culinaria veneziana (Pes, 2008).

Oltre e tra le valli, le barene – morfologie lagunari che consentono il respiro della laguna (Bonometto, 2015) – resistono a malapena alla trasformazione e scomparsa per erosione, causata da mutamenti ambientali, di origine naturale e antropica. Le barene sono cruciali per il ciclo biologico di alcune specie ittiche, ma sono anche una fonte di vegetali selvatici edibili oggi molto ricercati e pregiati, come la salicornia.

Più in là, osserviamo emergere dall’acqua le strutture in pali di legno, corde e reti degli allevamenti di cozze o, più di recente, di ostriche, un prodotto riscoperto negli anni 2000 ma allevato in laguna fin dall’epoca romana. Molluschi che caratterizzano la cucina di laguna e che costituiscono un asset economico soprattutto per l’esportazione in Europa.

Se proseguiamo attraversando la Laguna nord si incontrano di nuovo terre asciutte e coltivate come l’isola di Sant’Erasmo e la penisola di Cavallino-Treporti, dove piccoli agricoltori adottano diverse strategie per sopravvivere. Si tratta di piccole aziende a conduzione familiare, che nella maggior parte dei casi si affidano a pratiche convenzionali, ma tra cui non mancano esempi di sperimentazione biologica o agroecologica, nonostante il progressivo abbandono della terra da parte delle generazioni più giovani, attratte dalla più remunerativa economia turistica. Nella Laguna sud, invece, i rapporti tra parti umide e asciutte cambiano, sono più distanti e richiedono di attraversare un ampio specchio d’acqua e raggiungere l’isola di Pellestrina, prima di trovare la campagna.

Le basse acque della laguna offrono un’opportunità aggiuntiva, quella delle alghe, considerate rifiuti speciali e convertite in biomassa negli impianti di Porto Marghera (Armeli Minicante, 2013).

Oltre i lidi, il mare Adriatico rappresenta un elemento cruciale del paesaggio alimentare, con grandi pescherecci che operano in mare aperto, capaci di stare in mare giorni e notti, di pescare quintali di pesce, di procedere subito alla prima fase di conservazione, surgelamento e confezionamento, prima di rientrare nei porti. I pescatori, tuttavia, lamentano costi crescenti e una diminuzione del pescato, attribuendo le sfide alle stagionalità, alle restrizioni normative e alle leggi nazionali ed europee.

Questa sezione territoriale e alimentare ci svela le molteplici condizioni della Laguna e dei suoi paesaggi del cibo e ogni variazione rivela a sua volta traiettorie di cambiamenti in atto, in una prospettiva di lunga durata, al passato ma anche al futuro, che riguarda il tempo del territorio oggetto di osservazione (De Marchi e Khorasani Zadeh, 2020). Un punto di vista solo apparentemente lineare, in realtà capace di far emergere ciclicità legate all’acqua, ai sedimenti, ai prodotti, alle persone che lungo questa sezione, tra terraferma e mare, si muovono e si riproducono.

Sezione territoriale tra Sottomarina e Pellestrina.

Sezione territoriale tra Sottomarina e Pellestrina.

Parte degli esiti finali della Summer School NO-CITY “Towards a Food Atlas”, settembre 2023. Gruppo di lavoro Chioggia-Sottomarina: Sara Sánchez-Valverde Albarello, Mara Fathy, Anna Walleitner, Matteo Cucciniello, Alessia Gaiotti, Elizaveta Zalieva, Beatriz Pacheco Gaviao.




¹ Patrick Geddes (1850-1932) è stato un biologo, sociologo e urbanista, nonché pioniere dell’ecologia urbana che alla fine dell’Ottocento si stava sempre più delineando come una disciplina autonoma rispetto alla biologia. Ha contribuito allo sviluppo di concetti quali il bioregionalismo, grazie anche all’idea della “sezione di valle”, capace di illustrare la relazione tra una città e la sua regione di riferimento. Tale relazione si struttura su specifiche geografie umane, in cui le diverse forme di agglomerazione e occupazione umana sono legate alle caratteristiche geografiche. L’illustrazione relativa alla sezione di valle – costruita su una sezione territoriale dell’area di Edimburgo dai rilievi montani fino al mare – associa i diversi ambiti geografici che si susseguono lungo la sezione, alle attività antropiche produttive, e alle relative attrezzature utili a svolgere tali attività. Questo concetto e la sua visualizzazione rappresentano un riferimento fondamentale per gli studi regionali e urbani di tutto il secolo successivo, perché capaci di sintetizzare l’interazione tra parti diverse di uno stesso ambito territoriale.